Sta a noi non essere la mafia!
Ogni tanto qualche vecchio amico pugliese come me, o conosciuto in altre zone d’Italia, mi chiede come sia vivere in Sicilia. E’ una domanda difficile che spesso glisso con una battuta, ma alla quale penso da ieri sera.
Pochi lo sanno, ma ieri era il mio quarto anniversario dal trasloco in questa terra: quattro anni di cui 3 vissuti tra Catania e la sua provincia, e uno qui a Bagheria. Quattro anni di cui quasi uno intero passato a fare porta a porta tra la province di Catania, Caltanissetta ed Enna, in ogni minuscolo paesino, tutti i giorni, casa per casa. Posso affermare, ormai, di conoscere questo territorio meglio di chi ci vive da sempre, senza però spostarsi mai.
Non è un Paese per insegnanti
Da grande vorrei fare l’insegnante.
Lo so. Un insegnante in Italia non guadagnerà mai quanto un ingegnere, un architetto, un medico. I miei stessi professori me lo dicevano: cambia prospettiva, ti ritroverai precario a quarant’anni, con uno stipendio da fame, sballottato in giro per il Paese senza certezze per il domani.
Lo so. Ma io voglio insegnare per educare le future generazioni, voglio poter vivere in mezzo ai ragazzi perché forse potrò sentirmi giovane anche io, voglio trasmettere qualcosa per lasciare un segno in chi la riceve.
Io lo so, il guaio è che il mio Paese non lo sa. Secondo il rapporto OCSE dell’Aprile 2013 l’Italia è l’ultimo tra gli stati dell’Unione Europea per investimenti nell’Istruzione Pubblica, a cui viene destinato l’1,1 del PIL interno. Una situazione che si protende da anni, i cui risultati devastanti sono sotto gli occhi tutti: altissimi tassi di disoccupazione tra gli insegnanti; strutture fatiscenti; tecnologie praticamente assenti; offerta formativa quasi inesistente.
A questa si aggiunge la notizia di un prelievo forzoso sugli stipendi degli insegnati che nel Gennaio 2013 hanno avuto lo scatto stipendiale, mentre chi ha avuto lo scatto a Settembre del 2013, oltre alla restituzione dei soldi, verrà retrocesso di categoria stipendiale. Un precedente pericoloso, che fino ad ora ha visto la sua realizzazione in Grecia e che rischia di dare un’ ulteriore mazzata alla Scuola italiana.
Scie chimiche, alza gli occhi al cielo.
Ancora una volta l’arroganza arriva dal cielo ed arriva con una spudoratezza immensa, stanotte e per tutta la mattinata un’altra grande, massiccia, battuta di irrorazione di scie chimiche ha visto come teatro proprio i nostri cieli.
Il cielo coperto da un velo lattiginoso veniva ripetutamente solcato da aerei a rimpinguare la sostanza con nuove scie.
A questo punto propongo di dare luogo ad una bella interrogazione su queste nostrane scie ai politici regionali ed anche nazionali, sicuramente eviterebbero di risponderti oppure, nella migliore delle ipotesi ti direbbero che non sono argomenti che li riguardano, ammesso che sappiano di cosa gli stai parlando.
Potremmo chiederlo attraverso una lettera ufficiale al nostro caro e amato presidente Napolitano, lui si ci risponderebbe perchè ci vuole bene , così tanto bene che si è sacrificato riponendosi o forse imponendosi con un secondo mandato; ops… dimenticavo che sulle scie qualcosa gliel’hanno già chiesta e che ha risposto molto fugacemente senza alla fine dire nulla che queste cose comunque sono regolate da leggi specifiche.(questo è vero ma sono leggi confezionate a loro vantaggio)
Tornando con i piedi per terra ed il naso per aria alle ore 16,00 l’attività di irrorazione era già terminata ma lo scopo raggiunto, una volta celeste completamente velata.
Se si tratta di bario, il cui scopo è quello di assorbire l’umidità potremmo non vedere piovere per molto tempo, spero proprio di sbagliarmi.
Tornando all’interrogazione credo proprio che il suo esito sarebbe vano, ma almeno dimostreremmo che di ciò che accade ce ne accorgiamo eccome.
Facciamo qualcosa.
Marco Lanzafame
Le nuove generazioni: esigenze e desideri per un futuro migliore
“L’uomo – diceva Aristotele – è per natura un animale politico”. La politica è, secondo definizione, l’arte di governare la società, o più semplicemente è quella attività umana che si esplica in una collettività ed il cui fine ultimo è l’interesse del soggetto, sia esso singolo o collettivo.
Ma i giovani cosa pensano della politica?
Ci sono differenze tra i giovani impegnati in politica e quelli che apparentemente non lo sono?
Personalmente penso di no. La vita davanti da affrontare, i sogni, le speranze, gli ideali risultano molto simili. Diverso risulta l’interesse dimostrato.
In fondo parlare di politica significa parlare della società, dell’uomo, del bene comune, del lavoro e di tutte le difficoltà e le sfide che un giovane deve affrontare.
Pensieri e parole che riassumono la concretezza di chi con la vita deve iniziare a fare i conti, di chi ha voglia di costruirsi una strada tutta sua e che vorrebbe guardare al futuro con fiducia.