Dannatamente Poveri

La povertà è la condizione di singole persone o collettività umane nel loro complesso, che si trovano ad avere, per ragioni di ordine economico, un limitato (o del tutto mancante nel caso della condizione di miseria) accesso a beni essenziali e primari ovvero a beni e servizi sociali d’importanza vitale.

 

 

 

 

Da non confondere, si faccia bene attenzione, con il pauperismo che è un fenomeno economico e sociale caratterizzato dalla presenza di larghi strati di popolazione, o anche di intere aree, che vivono in condizioni di profonda miseria dovuta a fattori economici e strutturali.(Asia, Africa e America Latina).

Secondo gli ultimi dati ISTAT a disposizione, in Sicilia è povero il 27.3% della popolazione.

E più esattamente il 27.8% delle famiglie arriva a fine mese con molta difficoltà; tra questi l’11% non riesce a fare un pasto adeguato almeno ogni 2 giorni, il 28,3% non riesce a riscaldare la casa in maniera adeguata, il 48,6% non riesce a sostenere una spesa imprevista superiore a 750 euro.(fonte ISTAT).

Ancora più preoccupante è il rapporto di “SAVE THE CHILDREN”, sulla qualità della vita dei nostri bambini e ragazzi che “risulta mediamente incomparabile con quella del secolo scorso”. Infatti dei 10 milioni 229 mila minori in Italia, pari al 16,9% del totale della popolazione, 1.876.000 vive in povertà e il 18,6% in condizione di deprivazione materiale. E’ la Sicilia ad avere la quota più elevata di minori poveri (il 44,2% dei minori).

Tuttavia, se non è più la tubercolosi a uccidere, o la guerra, oggi i nostri minori fanno i conti con la povertà, la scarsità di servizi per l’infanzia, le città inquinate, stili di vita insani che conducono all’obesità. Problemi che l’attuale crisi economica rischia di amplificare senza un’immediata inversione di tendenza che ponga la tutela dell’infanzia e dell’adolescenza, come prioritaria nelle scelte politico-economiche di un paese.

Un altro indicatore importante della condizione dell’infanzia nel nostro paese è rappresentato dalla frequenza e dalla dispersione scolastica. Colpisce, a riguardo, il dato relativo ai cosiddetti early school leavers (coloro che abbandonano presto la scuola), giovani tra i 16 e i 24 anni che hanno conseguito soltanto l’attestato di scuola secondaria di I° grado e che non prendono parte ad alcuna attività di formazione. Anche in questo caso la percentuale più alta di dispersione scolastica spetta sempre alla Sicilia con il 26%.

Non ci sono giustificazioni di fronte all’impietoso rapporto ISTAT. La povertà è uno scomodo argomento di discussione, non fa audience e quindi viene ignorato dalla quasi totalità dei media. Snocciolare numeri è il compito dell’ISTAT, ma dare un volto e una dignità a questi numeri è compito della politica. Una politica corrotta che si è sempre preoccupata di procurarsi prerogative e privilegi calpestando diritti fondamentali di uomini, donne e bambini la cui voce raramente viene ascoltata.

Spesso, forse troppo spesso, crediamo che basti guardare qualche documentari sulla malnutrizione in Africa o inviare qualche sms alle varie Onlus per sentirci la coscienza pulita.

Forse gli italiani non vogliono essere “disturbati” dall’apprendere che accanto a ciascuno di noi vive una famiglia povera, non è un problema nostro. Da ottimi “cittadini” continuiamo a curarci del nostro orticello e demandiamo alla “politica” la soluzione di problemi che guasterebbero i nostri appetiti e forse anche i nostri sogni.

No, tocca a noi cittadini attivi adoperarci affinché ci sia una inversione di tendenza in questo processo.

Un primo passo da compiere, è rappresentato dall’apertura di una discussione politica per la costituzione di un fondo di solidarietà che garantisca un reddito minimo (potremmo chiamarlo “reddito di dignità”) a sostegno di quei 3,5 milioni di persone che in Italia vivono in condizioni di povertà assoluta.

Ma questo può essere solo l’inizio di un cambiamento politico ed economico che deve evitare l’impoverimento delle classi sociali, senza il quale cambiamento, la funzione statale si ridurrebbe solo a mero assistenzialismo.

A riguardo ci piace ricordare un antico proverbio cinese, ripreso da Muhammad Yunus professore di economia del Bangladesh, insignito del Premio Nobel per la pace nell’anno 2006.: “Non serve regalare il pesce all’affamato, insegnagli a pescare e lo nutrirai per tutta la vita!”.

 

Rosario Tomasello

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